Da tempo la famiglia è oggetto di un attacco importante: è stata accusata, svuotata, si è tentato di modificarla e snaturarla, nella cavalcata verso un “progresso” fatto di rapporti liquidi, unioni alternative, individualismo spinto, instabilità sociale. La pandemia scoppiata all’inizio del 2020 ci ha fatto toccare con mano che senza la famiglia saremmo in difficoltà ben maggiori rispetto a quelle in cui pure ci troviamo. La famiglia ha infatti mostrato – e continua a mostrare – il suo ruolo di capitale sociale di cui tutti stiamo beneficiando: è la prima scuola, l’ospedale più vicino, il ricovero per gli anziani, il rifugio alla povertà. Quella famiglia che come struttura sociale appariva ormai superata, obsoleta e fuori moda, rivela giorno dopo giorno il suo concreto contributo alla società.
Di qui l’idea di raccontare #lafamigliachecè: per capovolgere la narrativa che la vuole come un problema, un’istituzione in crisi, e anche per lanciare un appello alla politica, perché riconosca il valore della famiglia e si faccia carico di un sostegno concreto, immediato, reale. E non stiamo parlando solo di sostegno economico, come certe forme di associazionismo che paiono porsi in forma quasi “sindacale”. Il primo sostegno necessario è quello culturale: riconoscere che, come dice Papa Francesco, la famiglia è la base di ogni sana società e agire di conseguenza per sostenerla con politiche strutturali adeguate. Sapendo che altrimenti, se la famiglia entrerà in crisi, la sua malattia e le sue ferite, contageranno tutti.
Per raccontare tutto questo ho dato vita alla serie #lafamigliachecè, dialoghi-interviste con donne cristiane che rappresentano “l’altra storia” rispetto alla narrativa che le incornicia nel ruolo di “serie, perfettine, sottomesse, antipatiche”. Su di loro si accanisce infatti spesso la critica alla famiglia per sminuire quella naturale, ma la realtà che emerge dai loro racconti di vita, dal loro modo di essere e di fare, è molto diversa…. Nelle nostre chiacchierate semiserie, abbiamo testimoniato che pur con tutte le ferite e le fatiche che certamente ha, la famiglia resta oggi la struttura portante. Ho intervistato mogli, mamme, lavoratrici, professioniste molto simpatiche e per nulla sottomesse, che con mi hanno raccontato la loro vita familiare molto “normale”, vera, e che sono consapevoli della grandezza e preziosità del loro ruolo. Ho scoperto che l’immaginario della donna di casa, che trascorre le giornate tra scopa e spazzolone non corrisponde al vero: ci sono mariti che cucinano, altri che collaborano in vari modi (rivelandosi ad esempio specialisti nel caricare la lavastoviglie – pare grazie al cervello maschile, più organizzato e metodico). Insomma è già in atto, al di là di ogni stereotipo, una reale divisione dei ruoli. E cosi si smonta anche la cornice della subordinazione della donna: la famiglia, di fatto, è molto spesso luogo di comunione e reciprocità tra i sessi.